SIAMO TUTTI CAMBUASCIANI

* di Giorgio C. Mascione

Siamo tutti cambuasciani in queste ore. E’ il bello, anzi l’unicità, del calcio. Sì, siamo tutti cambuasciani e lo siamo con fierezza: il tifoso che segue da sempre il Campobasso nei campi polverosi dei dilettanti o addirittura dei paesini della regione, il tifoso occasionale, quello che come succede da tutte le parti si ricorda di essere appassionato alla squadra della sua città solo dopo una vittoria, ma lo sono anche il professionista stimato ed impeccabile, il giovinastro un po’ scapestrato, i pochi anziani rimasti che parlano il dialetto “vero”, i giovani adulti cresciuti con il mito dei loro genitori “della serie B” ed ora a loro volta papà e mamma. Lo sono il fruttivendolo, il dirigente , il politico di turno.

Siamo tutti cambuasciani e non è stato mai così bello esserci. Soprattutto ora, dopo questo anno e mezzo, dopo questi lutti, queste paure, queste reclusioni, queste rinunce. La marea di persone che si è riversata in strada per tutto il pomeriggio, fino a notte inoltrata, per festeggiare la promozione in serie C del Campobasso significava tutto questo: il ritorno a sentirsi parte di una comunità. Campobasso ed il Molise da sempre, per posizione geografica e deficienze infrastrutturali ed economiche, sono stati abituati a curarsi il proprio orticello, all’apparenza povero ma minuziosamente coltivato affinché possa bastare. Il campobassano medio è quello che si fa i fatti propri. Tra concittadini ci si conosce quasi tutti, si sanno pregi e difetti di quasi tutti ma, alla fine, ognuno resta nel chiuso delle proprie cose, delle proprie fortune (o sfortune), del proprio tran tran. Non ci sono eventi che fanno sì che si esca da questo “individualismo”. L’unico è il Corpus Domini ma sappiamo cosa è successo in questi ultimi due anni e comunque in questo ultimo decennio si era creata una piccola crepa tra la parte di cittadinanza più benestante e quella più popolare con la prima che in alcuni casi tendeva a manifestare una certa riluttanza a delle esagerazioni tipicamente più folkloristiche di quella festa. E poi, come detto, il tran tran. Questo lento, inesorabile scorrere delle “stesse giornate” che accomuna da tempo tutti i campobassani: il lavoro, l’hobby del pomeriggio, i vari “circoli” (culturali e/o sportivi e/o mondani) dove si frequentano sempre gli stessi, il pranzo domenicale, la fuga dalla città in estate. Il sentirsi parte di una comunità, parte di un qualcosa comune non c’è, non si avverte, non si sente, non si tocca. Lo scorrere inesorabile delle stesse, identiche giornate sembra immutabile.

E poi succede quello che è successo ieri, o meglio, già da alcune settimane: quella sensazione di vivere tutti insieme, per la prima volta, un evento sconvolgente, incredibile (nel senso proprio letterale del termine) che all’improvviso ti fa sentire quel senso travolgente di appartenenza, ti fa scompaginare improvvisamente quel tran tran apparentemente immutabile! Questa forza dirompente, questo “Deus ex machina” è il calcio. Fenomeno spesso sottovalutato e un po’ bistrattato (sicuramente non immune da grandi, enormi colpe) ma che è l’unico che riesce ad avere questa forza dirompente che travolge tutto e tutti. E così, di colpo, dopo anni, ci sentiamo improvvisamente tutti cambuasciani ed è una sensazione nuova, a tratti anche difficilmente gestibile, ma piena di vita, di energia, di gioia! Sì, ci sentiamo tutti cambuasciani ed effettivamente abbiamo scoperto che è davvero bello sentirsi così! E come ogni cosa bella non vediamo l’ora di riviverla, riassaporarla, condividerla! Grazie anche (e soprattutto) per questo caro Campobasso calcio!

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