La fatalità delle “Terre del Sacramento” e l’oltraggio all’ambiente operato dall’uomo

Riceviamo dallo storico guardiese Vincenzo Di Sabato, una nota di intensità emotiva unica e coinvolgente a difesa del territorio e della sua terra, quella di Guardialfiera, esaltata con le Terre del Sacramento da Francesco Jovine e, ahinoi, vituperata nel corso degli anni.

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lago guardialfiera 2Bosco e colline in alto; in basso il fiume e il lago nella loro concreta armonia. Nel mezzo si rilassa Guardialfiera. La giornata è serena, dilettata da gradevole venticello grecale. Rinasce la primavera e, con la sua caparbia tenerezza, scompiglia i capricci meteorologici ed insegna che si può ancora rinascere e rimettere foglie verdi e fiori pitturati di cielo. E’ un mistero supremo che si ripete senza l’apporto del nostro volere, quasi che la terra con sapienza beffarda, voglia farci render conto di quanto orribili ed inutili siano i nostri atteggiamenti e le nostre distruzioni. Un ciuffo d’erba col suo linguaggio e nella incredibile perfezione, sa distoglierci dal turbamento delle corruzioni, delle atrocità, anche dall’ecatombe di questi giorni. Il destino del mondo sembra celarsi in questo scenario d’aprile, con l’ansia di ricominciare ogni giorno a riproporci novità di bellezze e di luce.

Vengo lambito, intanto, da un’ombra leggera. Alzo gli occhi: è un falco cinerino che rotea in calmo volo. Il grosso uccello ha fatto ritorno solo da qualche giorno sui declivi del Biferno. Plana, volteggia, s’abbassa. Perfetta simmetria ed eleganza irraggiungibile nelle ali, nelle penne, nelle sfumature dei colori. Sa, più di noi, quel falco, di esibirsi su “un lembo di notevole fascino per bellezze naturali e visioni sorprendenti”. Lirico linguaggio in questo comma, insolitamente utilizzato dall’aridità burocratica, ma riportato cosi sulla Gazzetta Ufficiale della Repubblica Italiana n° 118 del 21 maggio1985; formulato ”così”, forse, per prosciugare le labbra dalla banalità di altre espressioni o le mani da feroci razzìe.

lago guardialfiera 3Ma, ahimè, la devastazione è avvenuta! E’ avvenuta su queste “Terre del Sacramento”, depredate, inondate. Terre gloriose per produzione di  ortaggi e frutta fra le più saporose e odorose del mondo. Terre che assicuravano vita a centinaia di guardiesi, ancora irredenti, tuttora sparsi e disparsi fra i continenti. Su questo suolo che stava risorgendo, sul quale è sbocciata la mitologia del progettare e su cui incominciava anche a fiorire l’arte nobile del compiere opere di pubblico bene, s’è abbattuto lo squilibrio della crisi economica, la paralisi dello spirito ed il macigno dell’oblìo. [highlight]Quel bosco, quel Lago, ansioso di diventare volano turistico, impaziente di aprirsi al veleggiare del futuro di giovani senza futuro, è nello sfacelo![/highlight] [highlight]Quel che c’era è dilapidato dall’inciviltà di vandali e dal dormiveglia politico della Regione, dello Stato che perdura e umilia la solerzia e la speranza.[/highlight]

Ma ciò che soprattutto irrita è il vituperio voluto dall’uomo impunito, su questo “lembo di bellezza”. E’ il pugno allo stomaco che offende ogni coscienza libera ed ogni sguardo vivificante. E’ la ignobile cabina di decompressione del metano che introduce qui lo sfregio alla disciplina del Codice dei beni paesaggistici. E’ l’assurda irrazionalità attuata mediante una irragionevole selva di palificazione, entro il vincolo di immodificabilità “dell’area di rispetto”. E’ un “Mirapali”. E’ un fittissimo mix di tralicci in ferro, in legno, in cemento; palanche, supporti, installati, su pochi metri quadri, in un gareggiare delittuoso di sregolatezza. E’ la bruttura di fili, cavi, conduttori, coibenti, troneggianti indisturbati, da anni, fra le “visioni sorprendenti” celebrate dalla Gazzetta Ufficiale di trenta anni fa e dall’apoteosi di Vittorio Sgarbi, innalzata nello scorso giugno a Guardialfiera. Si ripari allo scempio. Si può, l’intelligenza può. E’ la direttiva tracciata dallo Stato in quella G.U., ridimensionando ora gli apparati o valorizzando gli interratori di cavi. Se non altro per placare lo sdegno umano e per scampare all’ira di Dio il quale, attraverso i quattro Angeli, grida a gran voce ancora a noi: “Non devastate la Terra, né l’acqua, né le piante” (Ap. 7,3) … Sono le eluse ma profetiche e terrificanti visoni del Grande Giorno dell’Apocalisse!

Vincenzo Di Sabato

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