Sullo stop alla produzione di auto a benzina o gasolio deciso dall’Ue, interviene il Presidente di Confindustria Molise, Vincenzo Longobardi.
«Riprendo le parole del nostro Vicepresidente Marchesini, “con la transizione all’elettrico si rischia l’effetto Cuba” dove circola un museo all’aperto di auto americane anni ’50. L’ipotesi è tutt’altro che pittoresca. Anzitutto l’Italia vanta un parco circolante con un’anzianità media vicina ai 12 anni ed un tasso di rinnovo estremamente basso.
Attualmente circolano 38,8 milioni di vetture e basti pensare che ai tassi annuali ci vogliono 26 anni per rinnovare il parco. Se consideriamo che i costi di sostituzione sono lontani dalle possibilità economiche di gran parte degli utenti, (vicino ai 15 mesi di retribuzione netta di un operaio) che con l’elettrico tale divario si allargherà e che l’infrastruttura elettrica pubblica è lontana da venire (attualmente 37.000 colonnine di cui solamente il 20% nel mezzogiorno) sembra come minimo realistico pensare all’ipotesi cubana. Ovviamente tutti questi dati vanno letti in peggiorativo in riferimento al Sud. Quindi l’approccio ideologico al “solo elettrico”, infischiandosene della neutralità tecnologica, e delle differenti realtà territoriali, non solo sta danneggiando in modo significativo l’industria del mezzogiorno, che fu costruita baricentricamente sull’auto, ma anche i lavoratori e i residenti del Sud. L’elettrico, ammesso che si possa produrre in Italia a costi competitivi con l’industria cinese, impiega molte risorse di capitali ed energia, ma non di lavoro. La tecnologia elettronica che è alla base di questa motorizzazione risiede in gran parte in altre parti del globo, così come le materie prime necessarie ad alimentarla. Il tutto contorniato da almeno un significativo paradigma: deve essere alimentato da fonti alternative (altrimenti inquina più del termico). Pertanto prepariamoci a decuplicare i nostri sforzi su eolico e fotovoltaico.
Visto che il reddito medio delle nostre latitudini non consentirà la sostituzione del parco auto, e che le infrastrutture necessarie, con buona pace del PNRR, richiederanno secoli (abbiamo centinaia di esempi ed aneddoti da sciorinare) il futuro si presenta con un grande sviluppo dell’artigianato meccanico vintage, con buona pace dell’inquinamento e relativa CO2. Nel frattempo avremo dato un altro colpo mortale alla nostra industria. Si perché in Cina si costruiranno tutti i componenti dell’auto: gomme, freni, vetri, sedute, tappezzerie, componentistica che quasi necessariamente si porteranno appresso le relative filiere. Certo, avremo qualche sparuta azienda nostrana che grazie alle ben note doti di italianità esporterà anche nella terra del dragone, ma assisteremo alla scomparsa di tutte quelle piccole e medie imprese che partecipavano alle suddette filiere, con centinaia di addetti, che in futuro forse, con un lavoro precario continueranno a circolare sulle loro FIAT vintage a nafta.
Un ultimo appunto: se veramente riuscissimo a sostituire il parco auto esistente con l’elettrico, da dove prenderà lo Stato la consistente perdita di gettito derivante dai carburanti?».