Sono passati quarant’anni, ma per chi ha avuto la fortuna di vivere la promozione in serie B del Campobasso la memoria delle prodezze di Guido Biondi è ancora nitidissima.
I gol su punizione, anche da posizioni impossibili. Le sue giocate di classe, a testa rigorosamente alta. Il suo carisma. Ricordi indelebili per ogni tifoso rossoblù. La sua storia è narrata nel libro “Guido Biondi – L’unico lancianese in serie A”, presentato ieri, giovedì 24 novembre, nell’Aula magna del palazzo arcivescovile di Lanciano dal suo curatore Luciano Biondi, cugino del campione abruzzese.
«Questo è il mio tributo – ha spiegato – ad un atleta che ha lasciato un ottimo ricordo di sé dovunque è andato. Parlando con molti suoi ex compagni di squadra ho scoperto tanti aspetti della sua personalità ed ho potuto constatare che tutti sono rimasti molto affezionati a lui». Ripercorrendo la carriera del cugino, si è soffermato anche sui due anni campobassani, rimarcando il grande entusiasmo che si viveva in città ed il calore che aveva avvolto il giocatore, soprannominato a furor di popolo il “Platini del Molise”.
Al fianco dell’autore, lo scrittore Remo Rapino, vincitore del premio Campiello 2020 con “Vita, morte e miracoli di Bonfiglio Liborio”, amico d’infanzia del calciatore ed autore della splendida prefazione del libro di Biondi. «Lavori come questo – ha detto – ci permettono di rivivere quello stupendo periodo, quando gli stadi erano pieni; di ricordare l’ascesa di un ragazzo andato via da casa a 16 anni ed arrivato in breve tempo alla popolarità. Lo conoscevano in tutta l’Italia, per noi era un motivo d’orgoglio. Ricordo poi – ha aggiunto – quando passavamo al negozio di articoli sportivi gestito da suo padre, con appesi in bacheca gli articoli dei quotidiani sportivi che parlavano di Guido, conditi a volte da commenti coloriti: era il social dell’epoca».
«Era un piacere vederlo giocare – racconta l’attore lancianese Gabriele Tinari, calciatore in gioventù – e si vedeva che avrebbe fatto strada. Caratterialmente era un po’ ‘fumino’, ma era un leader. Tra i vari ricordi, uno che non smetterò mai di raccontare lo vissi al mare, a San Vito Chietino: lui con gli amici in acqua a palleggiare con i piedi e la testa, con l’obiettivo di “asciugare” il pallone, per poi concludere la lunga serie di tocchi al volo con una spettacolare sforbiciata».
Il libro ripercorre la carriera di Biondi tra aneddoti, ritagli di giornale, foto inedite e interviste a ex compagni di squadra. Una storia iniziata tirando “Due calci ad un pallone, e poi chissà” come cantava in Luna Gianni Togni, anche lui cugino di Biondi. Dal primo gol in serie A poco più che diciottenne al debutto in nazionale under 21, per continuare con la seconda chance nella massima serie a Perugia per sostituire il povero Renato Curi.
E poi le stagioni altalenanti a Lecce prima dell’approdo a Campobasso, coinciso con la maturità e con il rilancio. «Posso dire con assoluta certezza – spiega nel libro la moglie Elisabetta – che gli anni nel capoluogo molisano sono rimasti nel profondo del cuore di Guido». E non solo per i risultati ed i gol, ma anche per l’aspetto umano. Nell’estate ’83, il passaggio al Cagliari: «Alla fine – racconta sempre la signora Biondi – Gigi Riva lo convinse. Abbandonare Campobasso non fu affatto facile. Lì aveva lasciato una parte del suo cuore».
Nel febbraio 1999, a soli 47 anni, Guido si spense, vinto da un tumore. Poco più di un mese prima, il Campobasso aveva giocato a Lanciano nello stadio che dal 2001 prese il suo nome.
gv